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Nel 2019 abbiamo festeggiato i nostri primi 20 anni. Nel 2020 progettiamo i molti altri che verranno.

“Le Sfide della Ricerca del Futuro”.

Intervista a Carolina Gerenzani, Partner & AD di VVA Market Research

 

I festeggiamenti per un compleanno – anzi: per i 20 anni di VVA Market Research – possono anche essere una splendida scusa per fare altro: per far festa, sì, ma anche per parlare, per ricordare, per guardare avanti. Festa è stata fatta, e insieme si è ricordato il tempo passato che ci ha portato a essere quelli che siamo oggi con l’intervista a Vittorio Costella: ora è il momento di provare a capire cosa succederà. E ad aiutarci è Carolina Gerenzani, AD di VVA Market Research.

“Se penso – dice – al momento di chi, come noi, si occupa di Ricerche, mi viene in mente una parola: SFIDA.

Ovvero?
“Ci vengono sempre più richieste risposte e/ricerche accurate e approfondite e di valore con tempi di consegna sempre più brevi e budget più ridotti. Ci viene chiesto di andare in profondità ma allo stesso tempo di essere sempre più rapidi e precisi nel fornire i nostri insight. Ed eccoci qua: funamboli, attentissimi a mantenere l’equilibrio tra queste voci e insieme sufficientemente rapidi nel muoverci per rispondere alle esigenze dei nostri clienti”.

E tutto questo, come?
“E’ un mondo che cambia, sempre: ecco perché noi ricercatori abbiamo l’obbligo di ripensarci costantemente, utilizzando tecniche nuove sia per quanto riguarda le modalità di raccolta dei dati sia per ciò che concerne l’analisi. Metodi nuovi, metodi creativi che prevedono l’utilizzo di nuovi ‘tool digitali’ che permettono di ridurre tempi e costi dell’indagine e che al contempo rendono la raccolta dei dati più efficiente ma anche più partecipativa per gli intervistati”.

Quindi, ecco l’importanza della tecnologia…
“La tecnologia ci aiuta, ci aiuta molto: è una tecnologia amica, che magari non solo ci permette di “arrivare prima” ma che di sicuro ci deve permettere di ‘arrivare meglio’. La tecnologia ci offre una possibilità importante e concreta: quella di cogliere, capire e anticipare i fenomeni emergenti e di restituire risposte innovative e studiate ad hoc. Risposte estremamente focalizzate sugli obiettivi di marketing dei nostri clienti. Certo, questo non ci deve far perdere di vista una cosa fondamentale”.

E cosa?

“Io lo chiamo ‘human touch’. L’uomo – l’uomo consumatore, l’uomo cliente – è al centro di quello che facciamo: perché se la tecnologia ci aiuta a capire il ‘cosa’, ancora non ci aiuta pienamente, da sola, a capire il ‘perché’. Ecco: il ‘perché’ è la parte più importante di tutto il nostro lavoro, il perché di alcuni fenomeni di consumo e sociali, il perché di alcune scelte da parte dei consumatori. Ed è davvero fondamentale riuscire ad aiutare le aziende a comprendere i motivi che stanno dietro a determinati comportamenti: quel “so what”, quelle conseguenze, quelle implicazioni che vanno oltre al dato.

Domanda secca: la ricerca di mercato sta morendo?
“Risposta secca: certo che no! Si sta solo trasformando. Perché nonostante tutti i passi avanti nel machine learning c’è ancora l’esigenza fondamentale di passare del tempo insieme ai clienti, di andare a fondo nello scoprire le loro preferenze e i loro comportamenti. E c’è, per fortuna, un grande bisogno di comprendere ciò che è sotteso ad un numero, ai dati: i sentimenti, il pensiero, l’emotività, l’immaginazione. Quello ‘scoprire cosa c’è oltre la superficie’ che è un ideale testimone che noi ci passiamo per andare avanti”.

Facciamo qualche esempio?
“La capacità di stare vicino al cliente permette di intercettare gli insights. Per capire perché qualcuno sceglie un prodotto piuttosto che un altro non è sufficiente chiederglielo, ma bisogna anche osservarlo. Ci sono metodi e strumenti che ci permettono di comprendere il ‘perché’ e si basano sulle neuroscienze, utilizzando la biometria e il riconoscimento facciale, gli implicit response. Ma insieme a tutte queste tecniche, non bisogna mai dimenticare l’importanza delle conversazioni one-to-one. Questo modo di operare richiede un passo avanti”.

Quale?
“Una ibridazione, una capacità di utilizzare metodi di indagine misti che uniscano differenti metodologie e tecniche di ascolto. Per esempio? L’esplorazione qualitativa che viene supportata da nuovi metodi di misurazione quantitativa, mutuandone i metodi dalle scienze comportamentali e allo stesso tempo integrando ad esempio l’analisi dei social media”.

Ma alla fine, i clienti che cosa vogliono?
“Comprendere veramente i consumatori/ i loro clienti, interpretare le loro esigenze e comportamenti in un modo semplice ed efficace che consenta ai nostri stakeholder di sfruttare gli insight in un vantaggio competitivo. Perché la vera sfida non è solo comprendere gli insights, non è sufficiente intercettarli e distillarli, non basta più conoscere: occorre trasmetterli e comunicarli in maniera convincente a organizzazioni che ormai sono completamente sature di informazioni. Ad esempio, uno strumento molto efficace e che noi utilizziamo frequentemente sono le video storie: semplici, chiare, familiari, efficaci”.

Guardiamo avanti.
“Il futuro ci presenta delle sfide interessanti e stimolanti. E io credo che la capacità di combinare doti analitiche e insights azionabili ci aiuterà a trasformare il nostro ruolo in partner strategici dei nostri clienti. Questo se riusciremo a star loro vicino, comprendendo le loro esigenze stando sempre ‘un passo avanti’. Perché se è vero che tecnologie, automazione e big data saranno sempre più importanti, è altrettanto vero che non esiste ancora una macchina in grado di raccontare la storia che sta dietro a ogni singolo dato”.

E quindi?
“Quindi, per questo motivo, credo che il capitale umano, il talento e la capacità delle nostre persone sapranno darci grandi speranze per il futuro, perché ci sarà sempre bisogno di ricercatori di mercato intelligenti per scoprire insights, per sapere raccontare storie”.

 

Francesco Caielli

 

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